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È a New York che si gioca la partita delle statuette

dal nostro corrispondente Mario Platero

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6 marzo 2010

NEW YORK - Questa domenica, a Los Angeles, si consegneranno i premi Oscar. Ma è a New York che si è giocata la partita per il posizionamento. Una buona parte degli elettori sono qui, in città. Meglio corteggiarli a distanza ravvicinata. Un voto di Whit Stillman per Sandra Bullock, in gara per miglior attrice protagonista in "The Blind Side", conta più di un'apparizione televisiva o di un articolo sui giornali. Stillman ha diretto alcuni cult movies fra cui Metropolitan e Barcelona, film ispirati e brillanti. E' considerato il Woody Allen dei Wasp, ha il diritto di voto nella Oscar Academy, e nella New York "politically correct" il suo parere conta.

L'incontro fra i due, che non si conoscevano è al Monkey Bar, il bar-ristorante di Graydon Carter, il direttore di Vanity Fair, dove c'è il party privato in onore della Bullock. E dove ci sono altre settanta persone agnostiche e impegnate da convincere. C'è Ed Pressman, ad esempio, il geniale produttore di Wall Street 2, nervosissimo perché non è stato ancora deciso se si farà una distribuzione simultanea mondiale, come per Avatar, o se se ne farà una graduale. La campagna è appena cominciata. E con chi arriva Sandra per poter impressionare uno come Stillman? Con Paul Haggis, il regista di "Crash", sinonimo di "impegnato". Haggis la corteggia per scherzo, la presenta a tutti, ha lavorato per lui proprio in Crash, interpretazione magistrale, ma niente Oscar. E il regista attacca: "la Bullock è la migliore attrice di questa gara. Non ho dubbi. Interpreta un ruolo intenso..." ci dice. La Bullock è arrivata un pochino in ritardo. Era andata a registrare la sua puntata per il David Letterman Show.

Ma è qui al Monkey Bar che gli esperti la giudicheranno a confronto con la sua concorrente più diretta Meryl Streep, in Julie and Julia. E' vero la Streep ha già vinto due Oscar, ma l'ultimo per miglior attrice protagonista è stato nel 1982. Poi molte nomination e nessuna statuetta, per questo ne vuole un altro. Stillman è quasi convinto. Dice che la Bullock è adorabile. Acqua e sapone, simpatica e carinissima. Ma ha un neo: il film, che narra dell'adozione di un ragazzo di colore sedicenne in una una casa di bianchi conservatori è stato promosso in modo troppo aggressivo fra la destra religiosa americana. Tecnica di marketing geniale: ispirati dalla trama del film, che esprime compassione, sacrificio, lealtà e vittoria finale senza trucchi, gli esperti hanno preparato un'omelia tipo e l'hanno inviata a 35.000 chiese cattoliche in tutta America. E 23 mila religiosi hanno usato il discorso in una delle domeniche successive al film. Troppo.

Il mondo dello spettacolo è in genere più laico che religioso. Comunque sia il film ha già avuto molto successo, lo ha finanziato Fred Smith, il fondatore di Federal Express: ha aiutato a raccogliere 35 milioni di dollari per girarlo e il film ne ha già incassati quasi 200. E a parte il luogo comune della famiglia ritrovata, del successo sportivo e di un lieto fine dei più classici, il messaggio del film dice la Bullock è sociale, "è impegnato perchè propone soluzioni creative per gli orfani, per gli orfani sedicenni senza una casa", per questo il suo ruolo è drammatico, non banale. Ma non basta ancora. Per trasformarsi da attrice da intrattenimento a attrice da Oscar, la Bullock va a colpo sicuro e gioca la carta ambiente: sta cambiando le piantagioni di avocado nel suo ranch a una quarantina di miglia nell'interno partendo dalle parti di San Diego in California meridionale. L'avocado è la piantagione preferita nella zona. Ma assorbe troppa acqua in una regione arida e dunque la Bullock ha deciso, comunica ai settanta del Monkey Bar che pianterà vigneti, richiedono minori risorse idriche. E produrrà il vino.

A New York, che non sopporta, è passato anche Quentin Tarantino, in corsa per miglior film. E' andato a casa di Katerina Otto e del marito Nathan Bernstein. Grande townhouse nell'upper West Side, popolata da persongaggi come la designer Tory Birch. Non è il mondo del regista di Inglorious Basterds, nato a Knoxville in Tennesee nel 1963. Con Tarantino, a fargli da spalla Harvey Keitel e Harvey Weinstein. Ma non bastano. "Film bello, ma troppo sbilanciato sul passato. Quentin non ce la farà" dice il critico del Wall Street Journal. Tarantino da vicino è più grosso di quello che sembra in fotografia o in video. Ha delle gambe grosse e un viso grosso. Non ha impresso un significato più "profondo" di quello che appare sullo schermo e punta sulla trasparenza:" Il film è quello che è. E' un genere, come gli spaghetti western, è una storia" ci dice. Non senza cultura: i suoi idoli spiega non sono Fellini o Rossellini, ma altri registi italiani, come Corbucci: "è un film di guerra, un'avventura, punto". E aggiunge:"se vinco magari prendo la doppia nazionalità e il passaporto italiano. Non sapevo che fosse possibile".

A New York, prima di partire per Los Angeles, è anche passato James Cameron regista di Avatar. Lui cerca il messaggio ideologico/ambientale. Lucy Jones del Telegraph, lo aveva stroncato: teniamoci il fumettone, il finale a resurrezione, gli effetti speciali e il tridimensionale ma ...please...! Niente morale". Ma Cameron insiste. E porta un "testimonial" che sbaraglia gli invitati, sempre gli stessi, semper quei settanta, raccolti questa volta al Four Season, Grill Room, cocktail dalle 6.30 alle 8.30. Che il film sia impegnato lo dice Bobby Kennedy Jr. il figlio del candidato democratico ucciso, che da anni si occupa di ambiente militante:"Pandora è qui, non è in un pianeta lontano...il film ci dice che la nostra terra possiamo salvarla ogni giorno. Per me è il più importante film ambientale mai realizzato perchè porta il messaggio a centinaia di milioni di persone". A parte i vari record del suo film, lo stesso Cameron mostra il lato debole: racconta l'episodio di Quito in Ecuador, dove una minoranza per evitare di essere evacuata per far posto alle trivelle per il petrolio, ha inscenato manifestazioni di protesta con una proiezione di Avatar in piazza. La trasformazione di un fumettone in film ambientale vince il confronto a distanza ravvicinata. A New York un endorsement di Bobby Kennedy Jr. vale più di quello di Stillman e certamente più dello sberleffo di una Lucy Jones qualunque. Prossima tappa, Los Angeles. Domenica, il confronto finale.

  CONTINUA ...»

6 marzo 2010
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